Calzoncini fritti al pomodoro, provola e basilico e dizionario nord-sud

Forse non ve l’ho mai raccontato, ma una delle difficoltà affrontate ai tempi del mio trasferimento dalla Calabria al profondo nord (alias Trentino Alto Adige), fu proprio l’adattamento ad un nuovo “linguaggio” (e non sto parlando del tedesco :D).

Qui al Nord, oltre ad usare parole ed espressioni diverse, le persone hanno anche ritmi e orari totalmente differenti da noi meridionali… e confesso di aver avuto bisogno di tanto tempo prima di abituarmici definitivamente o quasi.

Vi faccio un esempio, se due ragazze escono nel pomeriggio da queste parti, si incontreranno verso le 15.00 -15.30 (ma in Calabria a quell’ora si fa la siesta, soprattutto d’estate, perché è inaudito uscire col sole cocente a quell’ora).

“E ci vedessimo dopo cena?” –  mi chiesero la prima volta per un’uscita serale in settentrione e sapete che orario mi dissero? Le 20.30… coooosa? Ma io a quell’ora ceno! O_O Questo, insieme a tanti altri, fu uno dei miei primi “shock” culturali.

Perché al nord,  i negozi aprono alle 8.30-9.00 di mattina e chiudono alle 12.00 esatte, non sia mai tardare per pranzo… poi riaprono alle 15 per chiudere alle 19…sì alle 7 di sera, e questo, dopo 15 anni di permanenza al nord, fatico ancora ad accettarlo del tutto, però così è.

Superato forse lo shock degli orari, mi sono ritrovata ad affrontare la “guerra” dei termini italiani che da queste parti non usano…una piccola lista?  Eccola qua:

– il balcone, qui, in Trentino Alto Adige, non esiste…conoscono solo il termine “poggiolo” che mi dà l’idea di un balcone talmente piccolo che non mi è possibile neanche affacciarmi, forse solo per “appoggiarmi”;

– quando una persona solitamente è stanca, al Sud solitamente va a coricarsi,  questa parola qui, appare quasi come aulica e arcaica, che se penso alla nostra espressione dialettale calabrese di questo termine, mi viene solo da ridere e anche parecchio;

-sono arrivata a Bolzano che avevo 18 anni e ho frequentato l’ultimo anno di liceo linguistico, andare a scuola al nord, senza prima aver fatto un corso sul linguaggio e sistema scolastico, è  davvero un duro colpo (dal banco mi chiedevano “tipex, teche e fa-punte” che in italiano corrispondono a bianchetto, raccoglitori ad anello e temperamatite);

le lasagne qui si chiamano pasticcio anche se tutta l’Italia e tutto il mondo le conosce come lasagne;

e quelli che da me si chiamano calzoni fritti qui sono solo “panzerotti” e credetemi, anche la parola “rosticceria” fatica ad essere assimilata da queste parti, perché qui non esistono quegli innumerevoli negozi di street food delizioso che caratterizzano la mia Calabria  dove arancini, pizze in teglia, calzoni, crocchette di patate e polpette sono i protagonisti…

Col passare degli anni, ho anche capito il perché, qui hanno l’abitudine di mangiare super sano e molto “bio” …ma questa è un’altra storia e forse ve la racconto un’altra volta 😉

*****
Ultimamente mi sto dedicando alla preparazione di lievitati con il lievito madre secco e confesso di non rimpiangere affatto il vecchio lievito di birra!
Una leggerezza unica, una lievitazione fantastica e nessun sapore di lievito…perfetto direi!
Questi panzerotti o calzoncini, come volete chiamarli, sono deliziosi e piacciono davvero a tutti!
Provateli e poi mi direte…

CALZONCINI FRITTI CON LIEVITO MADRE SECCO AL POMODORO, PROVOLA E BASILICO


Per circa 12-14 calzoncini

400 g di farina di manitoba
15 g di lievito madre secco (il mio Ruggeri) oppure 8 g di lievito di birra fresco
100 g di farina 00
30 ml di latte tiepido
30 ml di olio evo
10 g di sale
180 -200 g di acqua tiepida

Per il ripieno:

350 g di provola silana o scamorza bianca
250 g di polpa rustica di pomodoro
un filo d’olio evo
foglie di basilico fresco
origano calabrese
poco sale

Nella ciotola della planetaria mescolate bene le farine e il lievito secco, poi unite l’acqua e iniziate a impastare, unite a filo olio e latte ed infine, il sale.
Otterrete un impasto morbido ed elastico, copritelo con della pellicola trasparente e uno strofinaccio e lasciate lievitare ad una temperatura di 26° circa per almeno 2-3 ore.
Mentre l’impasto lievita, preparate la salsa di pomodoro e fatela sgocciolare con un  setaccio per circa un’ora, poi mettetela in un piatto, unite un flio d’olio, sale, basilico  e origano.
Tagliate la provola in piccoli dadini.
Quando l’impasto sarà triplicato di volume, formate tante palline della stessa dimensione e stendetelo con le mani in maniera circolare, al centro ponete un cucchiaio di salsa di pomodoro e alcuni tocchetti di rpvola.
Richiudete bene i calzoncini per evitare che durante la frittura possano aprirsi. Il mio consiglio è quello di prepararli al momento perché l’umidità del pomodoro potrebbe favorire l’apertura della pasta.
Friggeteli in abbondante olio caldo e in una padella dalle pareti alte e fondo spesso, rigirandoli da entrambi i lati.
Gustateli caldi o tiepidi.


Ed ecco qui un modello d’eccezione per le mie foto di food, mio marito:



 Con questa ricetta partecipo a Panissimo#39, la raccolta di lievitati dolci e salati ideata da Sandra di Sono io, Sandra,  e Barbara, Bread & Companaticoquesto mese ospitata nel blog Un Condominio in cucina

Buon appetito a tutti,

Ale

12 commenti

  1. Che forte tuo marito 🙂 io ho sempre qualche problemino quando vado a Bergamo dalle nipotine. In effetti bastano 300 km per cambiare completamente abitudini e linguaggio. Trovo che i nordici parlino in un modo molto umoristico…fa-punte mi ha fatto molto ridere.
    I panzerotti, comunque li chiami sono davvero una di quelle cose che ti rende felice. Da urlo!

  2. anche fra sud e centro dove adesso vivo io ci sono differenze linguistiche,modi di fare,abitudini ecc ma i tutoi panzerotti o calzoncini sono una cosa divina e quando ho fatto assaggiare il pane e la mozzarella ad alcuni amici di mio figlio uno di loro ha detto- non sanno cosa si perdono- un abbraccio

  3. Fa-punte??? Ahahahahah 😂
    anche io quando sono stata in veneto mi sono dovuta abituare a tante diversità. ..che però in fondo mi facevano sorridere 🙂
    Belli i tuoi calzoni fritti….ma ancora di più tuo marito che se li sbaffa tutti…. 😀 è mitico!!!

  4. simpatico il tuo racconto ahah è vero al nord abbiamo meno fritti, ma ci sono le cotenne i cotechini e tutte le altre cose grasse che di sano non hanno nulla ahah
    Io che sono mezza veneta e mezza lombarda fatico a saltare da un modo di dire all'altro però trovo sia anche il bello della nostra terra.

  5. Che forte Ale 😂😂😂😂😂😂

    Tuo marito è un modello perfetto così come questa ricetta, conosco quel prodotto ed è veramente speciale!

  6. Quanto è goloso tuo marito e ha ragione. Chi può resistere di fronte a questi calzoncini, troppo invitanti. Benvenuta al nord, buona permanenza e un abbraccio !

  7. Ciao Ale,anche tra Sardegna e Sicilia (due isole,quindi apparentemente simili)vi sono molte differenze,non si tratta certamente di due fotocopie e cambiano tante cose che apparentemente non sembrerebbe…
    I tuoi panzerotti sono una goduria unica mi hanno fatto venire un'acquolina incredibile,bravissima come sempre ti faccio i miei migliori complimenti:))
    Un bacione:))
    Rosy

  8. Peccato solo di non avere in casa il lievito secco ho sarei già ad impastarli !! Ma al più presto li farò !

  9. Ahahhahahahahhahahaahhahaah!! :-))))))
    Bellissimo il racconto e bellissimi questi calzoncini!!!
    Ale, grazie di cuore per averli portati nella raccolta di Panissimo di questo mese!
    In questo modo scopro il tuo blog e continuo a leggerti con grande piacere.
    Ti auguro una buona domenica, piena di sorrisi e di cose belle!
    A presto. :-))))

  10. ALE!!! calzoncini o penzerotti che siano sono stupendi!
    una lingua nella lingua, certo, fra calabrese e altoatesino non deve essere stato proprio facile…
    ti abbraccio!

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