Cullurune o pitta cu’ i frisulimiti (antico lievitato calabrese)

Quella che vi presento oggi è una ricetta che mi ricorda l’infanzia e la mia cara nonna Assunta.
Si tratta di un pane di semola realizzato con i frisulimiti (che nel mio mio dialetto vengono denominate frisulagglie, nei paesi vicini resimuggli, nel catanzarese cicoli o cìculi, nel cosentino scarafuagli ecc.) ovvero piccoli pezzetti di carne di scarto di maiale (come pelle, orecchie, zampe) tritati, bolliti e immersi nel loro grasso (sùgna o strutto).
Probabilmente l’immagine non vi fa pensare a nulla di buono e invece sono una vera e propria leccornia.

Ma perché la parola frisulimiti? In effetti è la fusione di 2 termini, uno latino, frisul (che significa sminuzzare) e uno greco ηματα, che significa “passi”, nel senso di pezzi.
La traduzione è quindi di “pezzi sminuzzati”.*

In Calabria è da secoli (ed è tuttora) usanza uccidere il maiale in casa e produrre salumi e insaccati per le provviste durante il periodo tra dicembre e febbraio, mesi climaticamente più rigidi e quindi adatti alla conservazione dei salumi prodotti.
Quando si dice che del maiale non si butta via niente, è la pura verità perché con gli scarti si realizza questa sorta di crema gustosa e prelibata con cui i calabresi realizzano deliziose specialità.
Oltre alla pitta maniata, che vedrete prossimamente, esiste il cullurune, che credo si chiami così solo nel mio paese ed è una ciambella di pane con all’interno piccoli pezzetti di frisulimiti, peperoncino e strutto.
Ringrazio mio zio Gianfranco per avermeli mandati dalla Calabria perché qui, dove vivo io, non esistono.
Ero convinta che la traduzione fedele del termine fosse ciccioli ma mi sono resa conto che si tratta di due cose estremamente diverse, perché i famosi ciccioli conosciuti sono quelli duri e croccanti, usati soprattutto al nord, e i frisulimiti che intendevo io, sono probabilmente una vera e propria specialità della mia terra.
Mia nonna preparava i culluruni sempre in occasione delle feste ed erano strepitosi.
Non vi nascondo che addentando il mio, il profumo e il gusto mi hanno portato irrimediabilmente indietro negli anni…Favoloso, soprattutto appena sfornato!

CULLURUNE O PITTA CU’ I FRISULIMITI 

400 g di farina di semola rimacinata di grano duro
100 g di farina 00
50 g di lievito madre secco
400 g circa di acqua tiepida
250 g di frisulimiti
50 g di strutto (degli stessi frisulimiti)
mezzo cucchiaino di peperoncino piccante calabrese in polvere
9 g di sale

Fate ammorbidire i frisulimiti in un pentolino e fate raffreddare.
Nella ciotola della planetaria mescolate bene le farine e il lievito
secco, poi unite l’acqua e iniziate a impastare, unite lo strutto, il peperoncino e
i frisulimiti ed infine, il sale.
Otterrete un impasto molto morbido ed elastico, copritelo con della pellicola
trasparente e uno strofinaccio e lasciate lievitare ad una temperatura
di 26° circa per almeno 6- 8 ore.
Quando l’impasto sarà triplicato di volume, formate 3 ciambelle di pane del diametro di 20 cm e poszionateli sulla teglia da forno rivestita di carta.
Fate lievitare un’altra mezzoretta, poi cuoceteli in forno caldo a 200°  i primi 10 minuti, poi abbassate a 180° e proseguite per altri 10-15 minuti,  fino ad intensa doratura.

* info tratte da Briganteggiando

Per chi non li avesse mai visti, vi mostro una foto dei frisulimiti:

 Con questa ricetta partecipo a Panissimo#39, la raccolta di lievitati dolci e salati ideata da Sandra di Sono io, Sandra,  e Barbara, Bread & Companaticoquesto mese ospitata nel blog Un Condominio in cucina

 

Buon sabato,

Ale

15 commenti

  1. Anche da me si fa una cosa del genere xo' questo è decisamente megliooo! Ha un bellissimo aspetto e il sapore sicuramente straordinario! Complimenti buon fine settimana un abbraccio Mirta e Patata!

  2. Anche mia nonna mi faceva sempre la schiacciata con i "ciccioli" molto in uso da noi in Toscana e mi ricordo che era buonissima , ora che ho visto la tua mi è venuto voglia quasi quasi proverò a cimentarmi in questa ricetta ovviamente non avendo i "frisulimiti" proverò con i ciccioli….Buon fine settimana…

  3. non li avevo mai sentiti,bellissimo pane antico,mi piacciono tanto queste ricette,grazie,felice weekend

  4. in effetti questi frisulimiti non sono come i nostri ciccioli. Però questa assomiglia alla nostra focaccia con strutto e ciccioli. mamma mia deve essere ottima

  5. Anche mia nonna realizzava qualcosa di simile: si tratta del pane con 'gerda' cioè i ciccioli di maiale, e ho tanti ricordi, risalenti al periodo della mia infanzia, legati a questa preparazione, tipica della Sardegna.
    Ti faccio i miei migliori complimenti per questo bellissimo pane, perfetto
    nell'aspetto e nella consistenza interna, oltre che buonissimo senza ombra di
    dubbio:)) grazie per aver condiviso questa specialità, tipica della tua terra, bravissima come sempre:))
    un bacione e buona domenica:))
    Rosy

  6. Ecco non sapevo sicuramente come si chiama questo strutto anche se c'è lo in casa, mi la portata una mia amica dalla Calabria. Ho preparato un giorno una focaccia e ho messo un pò in mezzo e con l'altra volevo fare sempre una focaccia ma metterla direttamente nel impasto. Che buone sembrano queste pitte !

  7. mi pare favoloso! che belle le tradizioni vero? è bellissimo poterle tramandare anche ai nostri figli, davvero brava cara! bacioni

  8. Ale: che meraviglia di ricetta!
    ringrazia la nonna Assunta per la bellezza di questa ricetta…. deve essere incredibilmente buono!
    grazie tesoro

  9. Anche mia nonna realizzava qualcosa di simile: si tratta del pane con 'gerda' cioè i ciccioli di maiale, e ho tanti ricordi, risalenti al periodo della mia infanzia, legati a questa preparazione, tipica della Sardegna.
    Ti faccio i miei migliori complimenti per questo bellissimo pane, perfetto
    nell'aspetto e nella consistenza interna, oltre che buonissimo senza ombra di
    dubbio:)) grazie per aver condiviso questa specialità, tipica della tua terra, bravissima come sempre:))
    un bacione e buona domenica:))
    Rosy

  10. Eccellente riproduzione! Ti ho incrociata cercando la pitta Arriva da, tipica di Catanzaro, che è simile solo che l'impasto si fa per tre volte aggiungendo un terzo dei requisiti e strofinando ogni volta. Viene fuori una città sfogliata che se mi riesce ti manderò foto e ricetta!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *